“Seaspiracy” è documentario di Netflix, frutto di anni e inchieste, condotte dal regista Tabrizi insieme al produttore esecutivo Kip Andersen, noto per aver realizzato il documentario “Cowspiracy”. Seaspiracy vuole raccontare tutti gli aspetti in cui la nostra vita ha impatto sui sistemi marini, ma conducendo diverse indagini il focus si indirizza sempre più sui sistemi di pesca intensiva, definiti a più riprese come i principali colpevoli della fine della vita negli oceani.
Il regista Ali Tabrizi affronta in Seaspiracy uno dei temi più caldi della nostra epoca, l’inquinamento di mari e oceani causato dalla plastica.
Una delle scioccanti scoperte del regista di Seaspiracy è che oltre il 46% della plastica nel Great Pacific Garbage Patch – il più grande accumulo di plastica e microplastiche galleggiante al mondo, situato nell’Oceano Pacifico – è composta da reti da pesca.
Le reti e altri attrezzi per la pesca si trovano negli stomaci degli animali spiaggiati, avvolgono qualunque pesce o mammifero incontrino portandolo alla morte, ma le grandi organizzazioni che si schierano contro la plastica non sembrano voler parlare del problema.
I nostri sforzi si concentrano sull’eliminare l’uso delle cannucce di plastica, che rappresentano lo 0,03% della plastica nell’oceano, ma poche realtà suggeriscono di rinunciare o ridurre il consumo di pesce per ridurre l’uso di attrezzi in plastica nella pesca intensiva e il loro relativo inquinamento.
La pesca intensiva è la più grande minaccia agli ecosistemi marini.
Guardatevi il trailer e cercate il documentario su Netflix:
Fonte: animalequality.it